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Le piante officinali utili per il calore estivo


Anche se il caldo afoso quest’anno è cominciato molto presto, in piena primavera, l’estate è iniziata solo da pochi giorni. A Milano la calura estiva viene amplificata dall’asfalto, che non lascia risalire la frescura notturna del terreno, dal calore emesso dalle automobili e dalle tante persone che ci vivono, lavorano e transitano ogni giorno.

Eppure anche a Milano si può trovare un angolo di ombra fresca in un parco, in un giardino, o in campagna.

Passeggiando per una stradina, in quella campagna stretta tra gli stradoni della periferia e l’inizio dell’area metropolitana, con lo stadio e i palazzoni sullo sfondo, lo sguardo danza tra una pianta officinale e l’altra, che cresce spontanea, vincendo i calpestii della gente e rigenerandosi dopo essere stata tagliata dai contadini, insieme all'erba di un campo lasciato incolto.

Allo sguardo spunta una verbena, che spicca per la rigorosa geometria di 90 gradi tra una coppia di rametti e l’altra e per i suoi fiori lilla piccoli piccoli e aggraziati. Quindi appare un’achillea, i cui bei fiori bianchi latte, spiccano sulle foglie a pettine. Poi gli occhi incontrano un ciuffo di malva, che sopravvive al calpestio dei passanti, proprio al centro della stradina, attraendo l’attenzione con i suoi freschi fiori blu viola.

Sul lato della vietta di campagna, tra una sempreverde artemisia e una sgraziata cicuta, dove l’erba è più bassa appaiono le bianche campanelle fiorite del convolvolo, mentre sul lato che dà sul campo agricolo, appena rasato e già ingiallito dal sole, spuntano con forza dei ciuffetti di piantaggine fiorita.

Eccole qua, già pronte per essere mescolate o alternate tra loro, le piante utili per l’estate, tutte fiorite e pronte all’uso.

Ovviamente non è consigliabile raccogliere e preparare delle tisane con le piante che crescono in una vietta di campagna in città, a fianco di un campo agricolo, poiché i diserbanti, gli antiparassitari, i concimi chimici e anche banalmente l'urina e gli escrementi dei cani non rendono tali erbe nemmeno commestibili.

Ma la natura non lo sa e le offre all’uomo, pronte al momento giusto, per i cittadini della metropoli, caldi e affaticati nel periodo che precede le tanto attese vacanze.

E’ possibile andare a cercare tali erbe più in periferia, lontane dai campi agricoli e dalle strade trafficate, in collina, in montagna, oppure in erboristeria, dove le piante arrivano parzialmente essiccate da luoghi naturali incontaminati e controllati, conservando in buona parte l’energia vitale della pianta...

Giorgio Banfi

Farmacista Naturopata Floriterapeuta Autore

Articoli: Testo

Fiori di Bach, autoguarigione ed effetto placebo


Cosa sono i Fiori di Bach

I fiori di Bach sono dei rimedi erboristici vibrazionali, in grado di catalizzare dei processi di riequilibrio personale e di autoguarigione.

La loro azione non è quantificabile né dimostrabile secondo i metodi della “biomedicina” (la medicina ufficiale, che applica i principi della biologia e delle scienze naturali alla pratica medica).

Inoltre per poter esplicare appieno la loro azione, i rimedi floreali prevedono un coinvolgimento attivo da parte della persona che li assume.

Come erroneamente ritengono i principali detrattori dei fiori di Bach (che generalmente si oppongono vigorosamente a qualsiasi metodo di promozione naturale della salute), i rimedi floreali non corrispondono a degli stati d’animo precisi.

Essi corrispondono invece a degli archetipi positivi, presenti nel mondo vegetale ma non rilevabili scientificamente, che per analogia, aiutano l’essere umano ad opporre energie animiche positive ad altre negative, favorendo un processo interiore, il quale permette di passare da uno stato di disequilibrio ad un nuovo stato di equilibrio dinamico.

Questo processo interiore non può essere misurato dalla scienza e dalla medicina, poiché si tratta di un fenomeno di tipo animico, non rilevabile attraverso la presenza di molecole o fenomeni fisici, ma sperimentabile soltanto attraverso la propria anima.

Tale processo può avere anche delle conseguenze successive osservabili anche a livello della propria forza vitale (corpo eterico) e conseguentemente promuovere un miglioramento della propria salute psico-fisica.

Anche quando meditiamo, quando ascoltiamo della musica, interagiamo con altre persone o animali, quando ci immergiamo nella natura, ad esempio passeggiando in un bosco, la nostra anima sperimenta delle sensazioni, dei sentimenti, dei pensieri e da qualche parte di noi giungono alla coscienza delle visualizzazioni, delle idee, delle intuizioni. In alcuni casi smettiamo di pensare e di provare sensazioni fisiche o psichiche che ci distraggono e giungiamo ad un differente stato di coscienza, che possiamo percepire come una condizione di piena consapevolezza. In questo stato possiamo sperimentare anche la sensazione di vederci dall’alto, proiettando la nostra persona, non solo sull’ambiente esterno in cui ci troviamo, ma sulla nostra situazione esistenziale e possiamo ricevere delle intuizioni fondamentali per il nostro percorso di vita.

A volte questi stati di coscienza si manifestano con una sensazione di benessere e di comunione con la natura, altre volte possono innescare dei cambiamenti interiori che ci spingono ad agire, altre ancora ci danno la sensazione di essere entrati a pieno contatto con la vera parte di noi stessi.

Mentre meditiamo o ci troviamo in armonia con l’ambiente naturale, possiamo renderci improvvisamente conto di esserci distaccati dal nostro amore spontaneo nei confronti di una persona cara, con la quale abbiamo litigato per delle questioni, che improvvisamente ci appaiono delle sciocchezze paragonate al nostro percorso relazionale con lei. Questa consapevolezza può spingerci ad andare da quella persona, parlarle con il cuore in mano e tornare ad amarla come realmente vorremmo, anziché farci guidare da una parte di sé che ci appartiene, ma in cui non ci riconosciamo così pienamente come nella manifestazione del nostro amore per lei.

Tornando in comunione con quella persona, con la quale abbiamo interrotto precedentemente il nostro rapporto spontaneo, magari per un’offesa, un “tradimento”, o una questione non risolta che ha fatto emergere uno stato d’animo latente, possiamo anche sperimentare un miglioramento del nostro stato psichico, che si riflette successivamente anche sul nostro benessere fisico.

Può accadere che ad esempio una certa sensazione di costrizione all’ipocondrio destro, che provavamo prima, si affievolisca e che quella leggera infiammazione intestinale con cui ci svegliavamo al mattino scompaia.

Queste sensazioni ed intuizioni, questi stati di piena consapevolezza e sensazione di essere tornati in noi, anche se possono influenzare positivamente il nostro benessere psico-fisico e migliorare la nostra vita in modo decisivo come nient’altro ci sia mai accaduto prima, non sono misurabili scientificamente. Se fossero analizzati mediante il linguaggio della scienza, verrebbero classificati semplicemente come effetto placebo.

I fiori di Bach infatti non vanno considerati come un fantomatico rimedio allopatico in grado di togliere un sintomo negativo emozionale, ma come un rimedio alchemico in grado di promuovere uno stato di miglior coscienza, come fa la meditazione, o una passeggiata nel bosco che ci porta lontani dai rumori distonici della nostra artificiale quotidianità, come una musica che ci risveglia delle sensazioni profonde, che non riusciamo a considerare soltanto emozioni o pensieri.

E’ un controsenso affermare che i fiori di Bach non abbiano proprietà terapeutiche e poi dimostrarne l’inefficacia dal punto di vista energetico trattandoli come se fossero dei farmaci anti-ansia o anti-depressivi.

I fiori di Bach non agiscono a livello farmacologico, interagendo con dei recettori fisici presenti nell’organismo, come fanno i farmaci e i principi attivi contenuti nelle piante. Le stesse piante non agiscono solo chimicamente, ma hanno anche proprietà energetiche non sempre rilevabili scientificamente mediante l’interazione farmaco-recettore, ma che possono essere riscontrati personalmente (energia fredda o calda, demulcente o disseccante, stimolante o rilassante, aumento o diminuzione di kapha, pitta e vata…).

I fiori di Bach sono semplicemente un mezzo, un archetipo, un “semioforo”, un oggetto visibile che mostra un mondo invisibile.

Gli effetti che catalizzano nelle persone possono essere ottenuti anche semplicemente con la mente, anche se più che di mente dovremmo parlare di anima ed in particolare di quella parte più spirituale dell’anima.

I fiori di Bach non sono quindi strettamente necessari.

Ma non è sufficiente pensare con la mente all’amore incondizionato per liberare il nostro cuore e tornare a riabbracciare nostro padre, è necessaria una trasformazione interiore, che può essere promossa invece da esperienze di vita, da pratiche di meditazione, dall’arte, dalla natura, da una presa di consapevolezza e da uno sforzo di volontà.

I fiori di Bach racchiudono particolari energie che sono presenti nella natura e sono in grado di catalizzare questo processo di trasformazione interiore, ma non agiscono improvvisamente come se si trattasse di una magia; “gli splendidi rimedi del prato” catalizzano poco alla volta una trasformazione interiore e lo fanno solo in accordo con la nostra volontà di volgerci verso le parti più spiritualizzate dell’anima. Se ci opponiamo a questa trasformazione interiore, essa non avrà luogo.

Non sempre i fiori di Bach funzionano infatti, come non sempre può funzionare la meditazione, la musica, l’arte; non sempre funziona la nostra vita, non tutto va come sentiamo dovrebbe andare, ma molto dipende dalla nostra consapevolezza e volontà.


Come vengono considerati i fiori di Bach dalla medicina ufficiale?

E' vero che i fiori di Bach agiscono per effetto placebo?

L’OMS nel 1976 ha preso atto dell’esistenza dei fiori di Bach come metodo di cura sperimentale, facente parte delle Complementary and Alternative Medicines (CAM), a cui appartiene anche la naturopatia, la pranoterapia e le medicine tradizionali. L’OMS non si esprime sull’efficacia e non considera i fiori di Bach una terapia, poiché non si tratta di un metodo di cura di tipo medico, che rispetta le finalità e i principi della “biomedicina”, ma di un’attività non invasiva che persegue finalità salutistiche, che può essere considerata di supporto alla medicina ufficiale, la biomedicina appunto.

I fiori di Bach sono privi di controindicazioni ed effetti collaterali e non sono considerati medicinali, ma vengono classificati come rimedi erboristici non dotati di attività terapeutiche.

Prendere i fiori di Bach non contrasta con altri metodi di cura, né impedisce di assumere farmaci, o di ricevere terapie, compresa la psicoterapia.

Molti dei principali detrattori della “floriterapia”, che così non dovrebbe essere chiamata, poiché non si tratta di una terapia, ma di un metodo che persegue finalità salutistiche in senso generale, ritengono i fiori di Bach inefficaci, se non dannosi, poiché a detta loro, impedirebbero di iniziare altre cure, riconosciute come efficaci dalla medicina ufficiale.

A mio parere questo è un falso problema, poiché iniziare un percorso con i fiori di Bach non equivale a fare della terapia. Affermare che chi prende i fiori di Bach stia ingurgitando semplicemente acqua fresca, anziché assumere farmaci o effettuare terapie efficaci che lo aiuterebbero realmente, è come sostenere che avere cura del proprio percorso personale, iniziare una ricerca interiore o interessarsi di esoterismo o spiritualità sia pericoloso, poiché impedisce di assumere farmaci o di effettuare una psicoterapia che potrebbe far stare realmente bene, in accordo con la medicina ufficiale.

Chi lavora onestamente con i fiori di Bach, con la naturopatia, con lo yoga, chi organizza corsi seri di crescita personale, non impedisce e non sconsiglia a nessuno di curare le proprie malattie fisiche o psichiche con metodi riconosciuti ed efficaci.

Chi scoraggia una persona che soffre di depressione ad andare da uno psichiatra e/o da uno psicoterapeuta, chi sconsiglia ad una donna vittima di violenza di frequentare un centro specializzato e riconosciuto, per convincerla a sottoporsi unicamente a dei metodi alternativi di riequilibrio personale, è intellettualmente e professionalmente disonesto. Ma intellettualmente disonesto è anche il medico che convince un paziente a fare un intervento chirurgico non necessario o dannoso per far fatturare la propria clinica o che sostituisce, senza alcuna ragione di utilità per il paziente, un farmaco con un altro, solo per ricevere dei favori o del denaro da un’azienda farmaceutica.

Ma questo non ha nulla a che fare con l’efficacia dei farmaci, della chirurgia e della psicoterapia, ha solo a che fare con l'onestà delle persone.

Ma veniamo alla questione dell’effetto placebo.

I detrattori dei fiori di Bach e di altre discipline bionaturali ritengono che l’effetto dei rimedi floreali sia del tutto sovrapponibile all’acqua fresca e per dimostrarlo si riferiscono ad esperimenti che considerano scientifici.

Cominciamo a dire che è del tutto inutile dimostrare l’inefficacia dei fiori di Bach nella promozione di fini salutistici, considerandoli come se fossero dei farmaci dotati di attività farmacologica.

I fiori di Bach non sono farmaci che agiscono mediante l’interazione farmaco-recettore e non sono dotati di proprietà farmacologiche; non esistono fiori di Bach anti-ansia, anti-depressivi, anti-infiammatori, analgesici o anti-settici. Il loro utilizzo può portare ad effetti di questo tipo, ma non direttamente attraverso un’azione farmacologica, bensì mediante un cambiamento interiore, che essi non causano ma semplicemente catalizzano, riequilibrando il proprio corpo astrale e corpo mentale inferiore con il corpo mentale superiore, o corpo causale, o sé transpersonale, che Bach chiamava Io superiore.

Questo riequilibrio animico può portare a degli effetti benefici anche a livello dei corpi culturali inferiori, come il corpo eterico, o corpo vitale e promuovere un miglioramento quindi anche a livello fisico, oltre che psichico.

Ma i fiori di Bach non agiscono direttamente sul corpo fisico e non hanno effetti diretti sul sistema nervoso, quindi non sono affatto dei farmaci o dei rimedi anti-ansia, anti-depressivi, analgesici o anti-settici.

Semplicemente, quando i corpi culturali superiori, cioè le componenti più spiritualizzate dell’anima, sono in armonia con quelle inferiori, questo si riflette anche a livello psico-emozionale e fisico.

La biomedicina non considera l’esistenza dell’anima, dell’Io superiore, del corpo astrale, di quello eterico e tantomeno ha strumenti scientifici per misurare dei cambiamenti energetici a livello di tali corpi. Quindi qualsiasi esperimento scientifico svolto per dimostrare l’efficacia o meno dei fiori di Bach, secondo i canoni della biomedicina, non avrebbe senso in partenza.

Ma non è tutto qua; purtroppo, la maggior parte degli esperimenti che vengono sbandierati dai detrattori dei fiori di Bach per dimostrare che la loro azione sia dovuta soltanto all’effetto placebo (non è mai stato dimostrato invece un effetto negativo o un non effetto dei fiori di Bach, nonostante siano stati sperimentati per delle proprietà attribuibili a farmaci, come l’effetto anti-ansia o analgesico), sono un miscuglio di errori scientifici, che renderebbero invalido qualsiasi sperimento definito tale.

Un esperimento scientifico per valutare l’efficacia di un farmaco o di una terapia, deve essere condotto in modo tale da eliminare qualsiasi tipo di influenza esterna nei confronti dei risultati, che sia differente dalla somministrazione del farmaco o della terapia stessa.

Il farmaco e la terapia inoltre, devono essere appropriati alla cura della malattia, alla soppressione del sintomo o alla promozione di una modificazione fisiologica per cui vengono sperimentati (ad esempio non ha senso sperimentare un farmaco antinfiammatorio per rilevarne gli effetti sul senso di sazietà) e i risultati devono essere quantificabili (non ha senso accertarsi che una terapia diminuisca semplicemente l’ansia senza quantificare tale diminuzione, soprattutto se il medesimo effetto qualitativo si presenta, in quantità differente, anche nel placebo).

Per diminuire le influenze degli sperimentatori e dei partecipanti, (anche se è impossibile annullarle del tutto), si effettuano solitamente degli esperimenti in triplo cieco, in cui né gli sperimentatori, né i partecipanti, né coloro che valutano i risultati conoscono il tipo di trattamento assegnato (terapia o placebo).

Gli esperimenti volti a dimostrare la presunta inefficacia dei fiori di Bach vengono condotti invece con una serie incredibile di errori che ne invalidano i risultati:


1) Innanzitutto, qualunque esperimento condotto con una finalità negativa, in questo caso invalidare l’efficacia dei fiori di Bach, è viziato dall’effetto nocebo, conseguente alla convinzione, da parte degli sperimentatori e in linea teorica da qualcuno dei partecipanti, che questi non abbiano alcun effetto differente da un bicchiere di acqua fresca. L’effetto nocebo è un effetto placebo negativo, che dimuisce l’efficacia conseguente ad una cura, a causa della sfiducia, o avversione nei suoi confronti da parte di chi partecipa all’esperimento, sia che si tratti del partecipante (la “cavia”), sia che si tratti dello sperimentatore e in una certa misura anche del valutatore. L’effetto nocebo è difficilmente quantificabile, ma andrebbe sottratto all’effetto negativo o alla mancanza di effetto positivo risultante dall’esperimento (quindi essendo di segno negativo andrebbe sommato al segno positivo all’efficacia risultante).


2) Come placebo si utilizza un bicchiere di “acqua fresca”, ma i fiori di Bach vanno assunti sotto la lingua direttamente dal contagocce della boccetta, in cui, oltre alle gocce dei fiori provenienti dalla boccetta stock, sono presenti l’acqua e il brandy, che ha un sapore caratteristico. I fiori di Bach possono essere assunti alternativamente anche ponendo una certa quantità di gocce in un bicchier d’acqua, bevendola a piccoli sorsi. Ma pur ponendo una piccola quantità di brandy in un bicchiere d’acqua fresca, il sapore è differente da quello dell’”acqua fresca” e il partecipante non può non notarlo.


3) Gli sperimentatori non conoscono i fiori di Bach. Durante gli esperimenti condotti con il preciso intento di dimostrare l’inefficacia dei fiori di Bach, ne viene infatti valutata la presunta efficacia nei confronti dell’ansia o della depressione, attribuendo, in maniera del tutto arbitraria, l’effetto anti-ansia e anti-depressivo ad alcuni rimedi floreali, in base a conoscenze approssimative e ad una mentalità di pensiero allopatica. I fiori di Bach però non sono farmaci allopatici in grado di innescare delle modificazioni fisiologiche nell’organismo umano. E’ la trasformazione interiore, conseguente alla consapevolezza e alla volontà personale, catalizzata ma non provocata inesorabilmente dai fiori di Bach, che può avere anche delle conseguenze a livello psico-fisico. Ma i fiori di Bach agiscono ad un livello, quello dell’anima, non quantificabile da un esperimento scientifico (anche se in realtà, a causa delle numerose imprecisioni e clamorosi errori, di scientifico ha ben poco).

Quindi non ha senso valutare l’effetto anti-ansia di Agrimony o di Rock Rose e il presunto effetto anti-depressivo di Mustard o Gentian, poiché i fiori di Bach non hanno effetti allopatici.

In caso di ansia ad esempio, che in “floriterapia” non viene valutata come una malattia da curare con un rimedio specifico, ma come un segnale di un malessere o disequilibrio interiore, vengono usati almeno 15 fiori di Bach differenti (Agrimony, Larch, Rock Rose, Aspen, Mimulus, Cherry Plum, Sweet Chestnut, Scleranthus, Centaury, Red Chestnut, Chicory, Heather, Elm, Impatiens, Walnut…) a seconda della persona e della situazione e non con l’intento di eliminare il sintomo dell’ansia, ma con lo scopo di facilitare un processo di consapevolezza e crescita personale. Questi rimedi inoltre vengono solitamente inseriti in una formula personale, in base alla persona che li assume, in accordo con i principi del sistema floreale di Edward Bach.


4) Nonostante gli errori precedenti, che già invaliderebbero tali esperimenti, i detrattori dei fiori di Bach sono costretti ad ammettere che i partecipanti che li hanno assunti durante una sperimentazione, hanno sperimentato un effetto terapeutico, ad esempio una diminuzione del sintomo dell’ansia pre-esame, ma che questo effetto si è verificato anche nel gruppo di persone che ha assunto il placebo e quindi i fiori di Bach sono “acqua fresca”.

Tale effetto però non viene quantificato, non viene paragonato in termini quantitativi al placebo, né rispetto ad una sostanza realmente in grado di agire fisiologicamente sul sintomo dell’ansia, come un farmaco ansiolitico, o un fitopreparato. Senza quantificare l’effetto anti-ansia di un fiore di Bach, o di un placebo, rispetto all’azione scientificamente dimostrata di un farmaco o di un fitopreparato, potremmo anche affermare assurdamente che il placebo curi l’ansia.


5) In tali esperimenti non viene rispettata una posologia corretta, oppure non viene indicata. I fiori di Bach per essere utili in caso di un forte stress, come si verifica nell’ansia pre-esame, andrebbero assunti spesso, anche 6-8 volte al giorno e comunque al bisogno, in base alla situazione soggetiva di una persona, il che non può essere riprodotto in un esperimento in triplo cieco di questo genere.


6) Le conclusioni di tali esperimenti sono del tipo: “la terapia con i fiori di Bach non produce alcun cambiamento energetico veicolato dal potere dei fiori. Gli unici effetti che produce, quando li produce, sono dovuti all’effetto placebo”. In realtà in questi esperimenti non viene usato nessun rilevatore energetico, ma i risultati vengono valutati in base al miglioramento, non quantitativo ma generico, del sintomo dell’ansia. D’altra parte, quali strumenti abbiamo per rilevare l’energia dei fiori di Bach? Di che energia si tratta? Non certo di energia elettrica, magnetica o di radiazioni rilevabili da strumenti medico-scientifici, che peraltro non vengono utilizzati per testare l’efficacia di un farmaco o di una terapia, come ad esempio la psicoterapia, in esperimenti in triplo cieco rispetto ad un placebo. In questi esperimenti che vorrebbero essere scientifici sono stati per caso usati degli strumenti per rilevare l’energia biologica, come un rilevatore di energia biofotonica? Sono stati usati dei biofeedback per monitorare piccole variazioni di temperatura in alcune parti del corpo, di frequenza cardiaca, di onde cerebrali, di umidità cutanea?

Nient’affatto e in ogni caso non rileverebbero altro se non modificazioni fisiologiche dovute a variazioni del campo eterico, che sarebbero inutili per rilevare delle modificazioni energetiche a livello del corpo astrale e degli altri corpi culturali superiori, per altro non conosciuti e non considerati dalla scienza.


Ma veniamo al punto cruciale: cos’è l’effetto placebo?

L’effetto placebo viene definito come la reazione di un soggetto che prova un miglioramento nella propria salute a seguito dell’assunzione di una terapia (farmacologica o meno), anche se tali effetti non sono dovuti ad essa.

Il meccanismo con cui avviene è di tipo psicologico e sarebbe dovuto prevalentemente alle aspettative che il paziente ripone nella cura e nei farmaci. L’effetto placebo si può manifestare sia quando il paziente viene ingannato, ricevendo una sostanza o una cura priva di effetti fisiologici al posto del farmaco o della terapia, sia quando esso manifesta degli effetti superiori a quanto spiegabile dall’assunzione del farmaco o dalla ricezione della terapia.

Il meccanismo con cui si manifesterebbe l’effetto placebo sarebbe dovuto al fatto che, in base alle attese del paziente nei confronti della terapia, il suo sistema nervoso indurrebbe delle modificazioni fisiologiche e psicologiche, stimolando la produzione di endorfine (sostanze endogene analgesiche prodotte dall’adenoipofisi sotto lo stimolo dell’ipotalamo).

Quindi anche il solo fatto che a somministrare una terapia, reale o ingannevole, sia un medico o un’altra persona, può determinare che si manifesti o no l’effetto placebo, o che si manifesti ad un certo livello più o meno quantificabile.

Anche il fatto che il partecipante ad un esperimento, o un paziente curato da un medico, abbia o meno delle resistenze psicologiche nei confronti di una terapia, dovute a convinzioni personali o ad antipatia nei confronti del medico o dello sperimentatore, può influenzare l’effetto placebo.

E non è tutto.

La mente, semplificata dalla biomedicina col cervello, è anche in grado di ipnotizzare o ipnotizzarsi. L’ipnosi, essendo causata puramente dalla mente, anche se può determinare effetti fisiologici riscontrabili con gli strumenti medico-scientifici ed è riconosciuta come terapia dalla medicina ufficiale, potrebbe essere spiegabile scientificamente soltanto tramite l’effetto placebo, non verificandosi l’assunzione di nessuna molecola in grado di determinare un cambiamento dello stato di coscienza.

Il presunto effetto placebo potrebbe quindi avere delle potenzialità curative inimmaginabili.

Ma siamo davvero sicuri che gli effetti di miglioramento della salute non dovuti all’assunzione di farmaci o di terapie riconosciute siano soltanto effetto placebo?

Non stiamo confondendo l’effetto placebo con l’autoguarigione?

Tra i due fenomeni esistono infatti delle importantissime differenze.

L’effetto placebo è il frutto di un inganno, poiché la persona crede di assumere un farmaco o una terapia, ma in realtà riceve soltanto “acqua fresca” o una “falsa terapia”.

Ad esempio al posto di un farmaco si riceve una pallina di zucchero, oppure al posto di una tecarterapia si viene trattati con uno strumento falso, che emette rumori e sensazioni sulla pelle simili a quelle provocate da un apparecchio tecar, ma senza trasmetterne le radiofrequenze curative.

Un'altra situazione particolare, in cui può presentarsi un effetto placebo, è quando un paziente crede realmente di subire un intervento chirurgico, ad opera di un “sedicente guaritore”, che utilizzando un coltello, le proprie mani e organi animali, finge di estrarre un tumore o la parte malata di un organo.

Oppure l’effetto placebo può essere il frutto di un’infatuazione o di un particolare affezionamento e fiducia nei confronti del medico o terapeuta, per cui il paziente manifesta un miglioramento della salute, anche in caso di una terapia non adatta, inefficacie o inesistente, oppure presenta un miglioramento superiore a quello spiegabile scientificamente dalla semplice assunzione del farmaco o della terapia.

In questo secondo caso, si dovrebbe in realtà distinguere l’effetto placebo dovuto all’inganno (falsa terapia, terapia sbagliata o inefficacie), da quello dovuto al particolare rapporto del medico col paziente, che attraverso le giuste parole, un atteggiamento rassicurante ed un’innata energia personale, determina un effetto fisiologico positivo superiore alle attese, con una terapia già realmente efficacie. In quest’ ultimo caso non ci troviamo di fronte ad un effetto placebo vero e proprio, ma piuttosto ad un meccanismo di autoguarigione, che si somma all’effetto scientificamente dimostrato del farmaco o della terapia, dovuto alla mente del paziente che interagisce con quella del medico.

Quando non è presente un inganno, gli effetti di miglioramento della salute dovuti ad una certa cura, non spiegabili scientificamente con l’efficacia della stessa, non possono essere spiegati con l’effetto placebo, ma con l’autoguarigione, innescata nello sperimentatore, da tale cura, con la mediazione della sua mente.

Allo stesso modo, nel caso di un miglioramento della propria salute psico-fisica, conseguente a dei trattamenti di pranoterapia, ad un processo di autoconsapevolezza e crescita personale accompagnato o meno dai fiori di Bach, all’immersione nella natura e alla meditazione, a rituali sciamanici, all’impegno sociale o ad altre esperienze gratificanti e formanti per la propria vita, non si dovrebbe parlare semplicemente di effetto placebo, ma di autoguarigione, catalizzata da tali processi o esperienze.

Cos’altro può innescare un fenomeno di autoguarigione se non la propria mente? Anche in questo caso però, più che di mente, dovremmo parlare di anima, ma non complichiamo oltremodo la questione.

Quindi, l’effetto di autoguarigione innescato dall’assunzione dei fiori di Bach, in un processo di autoconsapevolezza che preveda degli incontri periodici tra l’operatore e il cliente, dovrebbe essere giudicato in maniera differente rispetto agli esperimenti classici del triplo cieco, che si usano per le molecole dotate di azione farmacologica, che i fiori di Bach non hanno.

Un vero esperimento scientifico sui fiori di Bach ha dato risultati positivi nella prevenzione del rischio cardiovascolare sui topi da esperimento

Esiste una pubblicazione scientifica del 2014 di un esperimento condotto da scienziati sui ratti, in cui il rimedio di emergenza dei fiori di Bach si è dimostrato efficacie rispetto al placebo nella prevenzione del rischio cardiovascolare.

In particolare, i topolini trattati con il Rescue Remedy, una combinazione dei fiori di Bach Rock Rose, Clematis, Impatiens, Star of Bethlehem, Cherry Plum, utilizzata nelle situazioni di emergenza psico-fisica, hanno avuto dei miglioramenti significativi rispetto al placebo per quanto riguarda alcuni parametri clinici come la glicemia, i trigliceridi e il colesterolo.

Si tratta di parametri fisiologici inequivocabili, non determinabili da differenti livelli di percezione dello stress da parte dei topolini.

Tale pubblicazione è facilmente trovabile con pubmed, scrivendo Rescue remedy, oppure direttamente all’indirizzo:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/25146077/

Pur non essendo assolutamente d'accordo nell'utilizzare degli animali in gabbia nella sperimentazione dei fiori di Bach, posso supporre che il risultato dell'esperimento sia dovuto, non tanto all'efficacia dei fiori di Bach nel ridurre effettivamente la glicemia, i trigliceridi e il colesterolo dei poveri topolini, ma piuttosto all’azione anti-traumatica del rimedio di emergenza nei confronti delle continue sollecitazioni negative sperimentate dagli animali nella vita in cattività e dallo stress acuto conseguente ai continui prelievi di fluidi biologici. Infatti, senza fare inutili e crudeli esperimenti sugli animali, è sufficiente provare di persona il rimedio di emergenza dei fiori di Bach in caso di stress acuto e osservarne su di sé l'effetto calmante e di riequilibrio emozionale.

Tale esperimento, pur ribadendo la mia viva contrarietà a tenere crudelmente in cattività degli animali per dimostrare l’efficacia dei fiori di Bach, ha un valore più scientifico, poiché il Rescue Remedy non ha bisogno di conoscenze approfondite sui fiori di Bach per essere somministrato in modo appropriato, trattandosi di una formula cosiddetta “transpersonale”, (non personale), quindi utile per tutti, in caso di traumi, stress acuto, spaventi, shock, eccetera. Inoltre non viene valutata in maniera generica l’ansia, ma vengono monitorati dei parametri fisiologici oggettivi. Infine, trattandosi di animali, non è possibile parlare di autosuggestione. Quei poveri topolini non conoscevano i fiori di Bach eppure su di loro hanno funzionato lo stesso nel ridurne lo stress, durante una breve vita fatta di paura, dolore, crudeltà e zuccherini.

Giorgio Banfi

Naturopata, Farmacista, Autore, Esperto nei fiori di Bach

Articoli: Testo
Herbal Medicine

Fitoterapia o Erboristeria: c'è differenza?

Qual è meglio?

Le piante officinali costituiscono da sempre il rimedio più naturale ed istintivo a cui fare ricorso in caso di disturbi e malattie.


Fitoterapia ed erboristeria non sono sinonimi; entrambi sono discipline terapeutiche naturali che sfruttano l'azione delle piante e dei loro preparati, ma con basi e scopi differenti.


La fitoterapia

La fitoterapia si basa sulla medicina scientifica occidentale, con la quale condivide metodo di ricerca e pratica clinica; la fitoterapia attribuisce l'azione terapeutica delle piante esclusivamente ai principi attivi in esse contenuti.

La fitoterapia utilizza estratti di piante il più possibile standardizzati per curare e prevenire patologie o disturbi e per ottenere scopi precisi, volti al miglioramento del benessere o della qualità della vita delle persone (ad esempio riduzione del dolore e dell'infiammazione di un'articolazione in un malato di artrosi, o aumento della sensazione di benessere e resistenza fisica in un atleta o lavoratore).

I rimedi più utilizzati sono capsule o compresse contenenti estratti secchi di piante, titolati in uno o più principi attivi, identificati come maggiori responabili dell'azione terapeutica della pianta (la titolazione è la misura dell'esatta concentrazione di un principio attivo nell'estratto).

Gli estratti secchi in capsule o compresse vengono preparati mediante estrazione della droga (parte attiva della pianta) con un solvente, che viene successivamente fatto essicare e formulati con degli eccipienti (ingredienti secondari) che garantiscano la massima biodisponibilità dei principi attivi, utilizzando tecniche formulative proprie dell'industria farmaceutica.

I preparati fitoterapici vengono scelti in base al tipo di patologia o disturbo e i risultati ottenuti sono valutati mediante studi clinici, in base al miglioramento dei sintomi o di alcuni parametri fisiologici monitorati.


La fitoterapia garantisce riproducibilità, standardizzazione, maggior prevedibilità dei risultati aspettati e delle possibili controindicazioni.

D'altro canto, viene perso del tutto o quasi quell'effetto che non dipende dalla chimica dei principi attivi di una pianta, ma dalla sua "energia".

Inoltre la standardizzazione tipica della fitoterapia rende impossibile effettuare una terapia ad hoc, impostata sulla persona e non sulla patologia. Ogni individuo è infatti unico e reagisce in maniera differente all'assunzione di uno stesso tipo di pianta o preparato di essa.

La fitoterapia è quindi utile quando lo scopo è ottenere un effetto preciso, come ad esempio ridurre un'infiammazione, attenuare un dolore, curare un'infezione, contrastare un sintomo particolare, o quando è necessario impostare una cura che sia riproducibile per un numero elevato di persone.

L'erboristeria

L'erboristeria si divide in erboristeria popolare ed erboristeria tradizionale.

L'erboristeria popolare è l'utilizzo empirico delle piante e dei loro estratti per la cura dei disturbi e di patologie, sulla base di insegnamenti tramandati di generazione in generazione e si svolge soprattutto in ambito famigliare o in piccoli centri abitati.

L'erboristeria tradizionale invece è l'utilizzo delle piante e dei loro estratti, in base ai principi delle Medicine Tradizionali, differenti a seconda dell'area geografica di pertinenza, sviluppatesi nel corso di millenni.


Le Medicine Tradizionali comprendono la Medicina Tradizionale Cinese (MTC), la Medicina Ayurvedica, la Medicina Tibetana, la Medicina Tradizionale Mediterranea, la Medicina dei nativi d'America...

Non esiste quindi un'unica erboristeria tradizionale, ma a seconda dell'area geografica, è presente un'erboristeria tradizionale cinese, una ayurvedica, una tibetana, una dei nativi d'America ed una tradizionale mediterranea, che per noi è quella di riferimento.

Nel bacino mediterraneo si è sviluppata infatti la Medicina Tradizionale Mediterranea, nata dall'antica medicina egizia e greca, che nei secoli ha raggiunto un alto livello di profondità e complessità con Ippocrate, Galeno e Avicenna, ma che è stata abbandonata nell'epoca moderna, in seguito allo sviluppo del determinismo materialista e dell'illuminismo.

Le Medicine Tradizionali considerano l'uomo nella sua totalità di corpo, anima e spirito, inserito nel suo contesto ambientale, sociale e universale ed utilizzano come cura esclusivamente metodi naturali.

Questi metodi comprendono la cura dell'alimentazione e dello stile di vita, la ricerca interiore attraverso la meditazione ed esercizi fisico-spirituali come lo yoga e il qi kong, tecniche corporee ed energetiche, musiche e suoni, colori, tecniche e rituali per raggiungere particolari stati di coscienza e l'erboristeria.

L'erboristeria è sempre stata e resta tuttora il metodo di cura e di prevenzione principale delle Medicine Tradizionali.

Galeno, medico greco (129-201 secolo d.C.)


Le medicine tradizionali valutano ogni patologia e squilibrio in senso olistico, cioè in rapporto alla totalità dell'essere umano e del suo ambiente e anziché trattarne semplicemente i sintomi, cercano di ripristinarne l'equilibrio, curando il "terreno" e le cause che predispongono alla formazione della patologia o disturbo.

La natura viene considerata da un punto di vista vitalistico.

Ogni forma di vita è infatti resa tale da una "forza vitale" che sovrintende le leggi chimico fisiche della materia.

Lo scopo delle Medicine Tradizionali non è solo sconfiggere la malattia o sopprimere un sintomo, ma promuovere il benessere e l'evoluzione spirituale dell'essere umano, prerogative fondamentali della sua salute.

Trattando l'individuo nella sua totalità, come essere unico in rapporto a tutti gli altri e a Tutto, le Medicine Tradizionali considerano infatti la malattia primariamente come il segnale di un disequilibrio energetico, che non può essere ripristinato semplicemente con una sostanza chimica.

Le piante non sono considerate come semplici portatrici di sostanze nutrienti o farmacologicamente attive, ma come veicoli di forze vitali che vengono sfruttate a scopo curativo o riequilibrante nell'erboristeria tradizionale.

Queste forze o energie sono riconoscibili in parte dai sensi umani attraverso il colore, la forma, il sapore e in parte attraverso l'interpretazione di segni o simboli di cui sono portatrici, o semplicemente attraverso il loro utilizzo pratico.



La Medicina Tradizionale Cinese e quella Ayurvedica hanno studiato le proprietà energetiche delle erbe e i loro effetti sull'uomo per migliaia di anni, arrivando ad utilizzarle in maniera molto accurata, in rapporto alle differenti costituzioni umane.

Le differenze individuali nella costituzione fisica, nelle tendenze patologiche e nello psichismo vengono tenute in gran considerazione per la scelta delle piante medicinali, grazie ad un approfondito studio delle biotipologie umane.

Ogni individuo è unico e la conoscenza del suo biotipo, costituzione o temperamento, pur risultando comunque una semplificazione, può aiutare a scegliere in maniera più corretta le piante medicinali adatte per curarne i disturbi e prevenirne le malattie.

Ad esempio, nella scelta di un diuretico deve essere assunto per un certo periodo (ad esempio per eliminare dei calcoli renali trattati precedentemente con un litontritico), una persona di costituzione Fredda e Umida beneficerà di una pianta Calda come le bacche di sambuco, mentre ad una persona di costituzione Calda e Secca queste potranno col tempo creare un disequilibrio energetico, che potrebbe peggiorarne l'infiammazione.

Diversamente una pianta con medesima azione sull'apparato urinario, ma Fredda e meno disseccante come la Piantaggine, potrà dare a quella persona, di costituzione Calda e Secca, un risultato migliore e senza effetti collaterali.

Questo semplice esempio spiega come mai spesso, pur pensando di aver assunto il preparato erboristico o fitoterapico più adatto per risolvere un problema, non si ottengono i risultati sperati, o addirittura si peggiora la condizione di salute.

Attraverso l'erboristeria tradizionale, conoscendo bene le caratteristiche energetiche delle piante e di una persona, si possono ottenere invece ottimi risultati, senza creare squilibri energetici e costituzionali.


La scienza moderna e la fitoterapia occidentale attuale si basano ancora oggi sul determinismo materialista, che semplifica l'azione delle piante alla presenza in esse di alcune sostanze chimicamente attive, trascurando gli aspetti energetici.

Inoltre viene ignorato il fatto che ogni pianta contiene in realtà migliaia, forse milioni di sostanze chimicamente attive di cui non si conosce l'azione, il cosiddetto "fitocomplesso", che si va a perdere con l'utilizzo di estratti fitoterapici standardizzati.

Più che a sostanze chimiche particolari, gran parte dell'azione terapeutica di una pianta è in realtà attribuibile alle sue "forze vitali" o "eteriche", veicolate dall'elemento liquido, che viene completamente eliminato nella formazione dell'estratto secco titolato, necessario alla "fitoterapia scientifica".

Estratti tradizionali di piante come gli alcolaturi (o tinture), infusi e decotti permettono invece di conservare meglio l'energia di una pianta e di sfruttarla al meglio per ottenere effetti curativi e riequilibranti nell'essere umano.


L'erboristeria tradizionale è quindi potenzialmente più efficacie, meglio personalizzabile rispetto alla fitoterapia e può spiegare meglio le reazioni differenti all'uso di una stessa pianta o suo estratto, ma richiede conoscenze specifiche e approfondite nell'ambito delle Medicine Tradizionali e della Naturopatia ed è più difficilmente standardizzabile e ripetibile.


Concludendo

Non è possibile dire quale sia meglio, tra fitoterapia ed erboristeria.

E' meglio chiedersi piuttosto, qual è l'obbiettivo che sto cercando?

L'erboristeria popolare è la più utile in ambito famigliare, per trattare disturbi che non richiedono il lavoro di un medico e necessita di semplici conoscenze sulle piante officinali di uso più comune e più sicure.

L'erboristeria tradizionale è quella che porta a risultati singoli migliori, ma richiede le conoscenze approfondite e specifiche di un medico o di un naturopata specializzato nella Medicina Tradizionale di riferimento.

E' inoltre difficilmente o per nulla riproducibile e standardizzabile.

La fitoterapia porta a risultati singoli decisamente meno efficaci ed è meno personalizzabile rispetto all'erboristeria tradizionale, ma permette di creare dei protocolli standardizzati per trattare sintomi specifici, disturbi e patologie ed è riproducibile su un alto numero di persone.

Richiede anch'essa le competenze di un medico o di un professionista specializzato.

Quindi, concludendo, a seconda dell'obbiettivo che si sta cercando, sia l'erboristeria che la fitoterapia possono risultare molto utili per promuovere e mantenere la salute ed il benessere in modo naturale, ma hanno scopi e richiedono competenze differenti.

Le piante, in un modo o nell'altro, ci nutrono, ci aiutano, ci curano, indipendentemente dalla semplicità e dalla complessità, dall'intenzione e dalla consapevolezza, che sono proprie dell'uomo.

Giorgio Banfi

Farmacista, Naturopata, Floriterapeuta.

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